Me...

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venerdì 28 ottobre 2011

Guanti e bon ton

Domani andrò ad un matrimonio. Che novità direte voi... Ebbene questa volta sarò nel parterre degli ospiti anzichè nello staff organizzativo. Essendo un evento serale di particolare importanza, con cena elegante, avevo pensato di indossare un abito corredato di guanti
Ciò è bastato per solleticarmi nella mente una riflessione appena più approfondita sull'utilizzo di questo splendido accessorio che, come sappiamo, non è di uso esclusivo delle signore, ma ammicca anche ai gentleman più raffinati.
La storia dei guanti si perde addirittura in leggende mitologiche dove si racconta che Venere si fosse ferita le gentili manine finendo un rovo (cosa ci facesse vicino ad un rovo non ci è dato sapere) e che le Grazie, per far terminare il suo pianto dirotto, le avessero cucito bende sottilissime attorno a dita e palmi, tanto da farle aderire alla perfezione. Mito a parte la storia del guanto ha origini antichissime con alterni utilizzi: dai più pratici ai più prettamente estetici.
Ma il galateo dei nostri giorni cosa impone a dame e cavalieri che volessero sfoggiarne un paio? 
Dicasi innanzi tutto che, come suole sovente, alle signore è concessa senz'altro più libertà. Esse infatti posso indossare i guanti e tenerli anche in luoghi chiusi. Se questi sono considerati come un completamento dell'abito da sera esse potranno mantenerli anche nel salutare i padroni di casa e gli altri ospiti senza doversene privare, questo fino al momento di sedersi a tavola. 
Se invece si accenna al solo guanto da passeggio la signora potrà mantenerli indossati per salutare un uomo, ma sarebbe gentile rimuovere il destro nel salutare un'altra signora (anche se ai tempi della mia nonna le signore si salutavano amabilmente ponendo le mani "guantino contro guantino").
Sul gesto profondamente sensuale dello sfilare del guanto potremmo poi scrivere lunghi trattati. Il consiglio è sempre quello di indossare questo accessorio più volte prima dell'utilizzo effettivo, in modo tale che il gesto avvenga il più naturalmente possibile.
Per gli uomini la questione è, come sempre, molto diversa. 
I signori devo necessariamente togliere i guanti nel momento stesso in cui rimuovono il soprabito o la giacca che portano all'esterno. Se, entrando in un luogo chiuso, sapranno di doversi fermare poco tempo, rimuoveranno in ogni caso almeno il guanto destro per reggerlo poi con la mano sinistra ancora vestita.
Ricordo ai signori uomini che nel caso volessero, con un tocco di bon ton, profondersi in un baciamano alla bella di turno, non potranno assolutamente farlo se la signora porgerà loro una mano guantata.

mercoledì 26 ottobre 2011

Elogio della lavette

L'accoglienza casalinga squisitamente francese fa dell'eleganza un profumo delicato ma inebriante, una fragranza che avvolge l'ospite per farlo sentire viziato, accudito, lusingato.
In realtà, non solo per deliziare le sante manine di graditissime visite a casa, ma anche per una coccola giornaliera raffinata e gentile. Eccomi dunque ad elogiare grandemente l'uso delle lavette.
Si tratta di piccoli asciugamani "da ospite", elegantemente modesti, quadrati e sofficissimi, proposti dal mercato in innumerevoli soluzioni tessili. 
Molto spesso si posso trovare di spugna, dalle tonalità più disparate e declinate in mille nuance differenti. I più raffinati fanno ricamare queste salviette gentili con le iniziali che gli sono proprie, altre volte se ne rinvengono già decorate con deliziose piccolezze tono su tono.
Semplici o ricercate le lavette rappresentano la soluzione più elegantemente misurata per offrire ed offrirsi un attimo di puro dilettoOffritele agli ospiti nei loro cestini di piqué, spesso venduti insieme ai piccoli asciugamani, o ideate per loro un alloggio inconsueto: un piccolo vaso di cristallo, un vassoietto, una grande conchiglia.
Un'idea utile e un po' bon ton da regalare e regalarsi per le feste ormai prossime.


Credits photo: Mastro Raphael

mercoledì 12 ottobre 2011

Taxi e bon ton

Ognuno nel proprio lavoro, così come nella vita, si comporta con gli altri un po' come crede. Esiste chi, da vero perfezionista, è attento ai più minuscoli dettagli e chi invece preferisce godersi una certa "libertà creativa" con allegata licenza poetica.
Possibile sollevare la medesima questione quando capita di farsi accompagnare in taxi in luoghi più o meno reconditi della città, sia questa Milano, Roma, Palermo o qualsiasi altra.
Diciamoci la verità chi non preferirebbe montare su di una macchina, anche piccina, purchè pulita e ben tenuta, accolti da un conducente che saluta cortese al nostro arrivo, apre (di sua spontanea voltontà) il bagagliaio aiutandoci con galanteria ad appoggiare sacche e valigie all'interno e, con un sorriso pieno di vitalità, ci domanda quale percorso preferiremmo per giungere a destinazione in considerazione dell'orario e del traffico cittadino? 
Di contro c'è chi sicuramente apprezza la riservatezza e la quiete di un viaggio silenzioso, assolutamente privo di chiacchiere, per immergersi nella concentrazione dei propri pensieri.
Certo una minima cortesia sarebbe il requisito fondamentale per chi decidesse di dedicare la sua vita professionale a questo genere di servizio pubblico: senza concioni politici improvvisati nei 12 euro di trasbordo, senza grida esaltate alla chiamata del familiare (che a volte viene accolta senza auricolare ma con frasette deliziose del tipo "sì, scarico questa e poi arrivo"), senza sbuffi degni di un uragano del Sud America una volta preso coscienza del fatto che si debba accompagnare un anziano gracile e claudicante a pochi metri di distanza.
La triste realtà è che l'utente non può scegliere
Non si può rifiutare un'automobile perchè malandata o maleodorante, non è permesso fare appunti sul ritardo nell'arrivo del taxi previsto in 3 minuti e giunto in 5 (con altrettanto esborso maggiorato), non pare lecito chiedere al conducente di attendere trenta secondi per permetterci di infilare la chiave nel portoncino di casa senza rischiare aggressioni alle spalle.
Non che i clienti si dimostrino assai più cortesi a volte, ammettiamolo, ma se bon ton significa andare un po 'al di là della semplice buona educazione meglio ricordare e ricordarci che mettere il prossimo a proprio agio, in qualsiasi situazione, è forse una delle regole principali del vivere tutti in armonia.
Viviamo una vita bon ton!

lunedì 10 ottobre 2011

Capolavoro

Come sapete credo fermamente nell'Amore, nel matrimonio e in quel sentimento senza fine che lega due persone indissolubilmente... per tutta la loro vita.
Quando alcune storie, a volte, finiscono non sempre portano solo strascichi totalmente negativi.
A volte sono spunto per veri capolavori. Come questo.
Adele - Rolling in the deep

Il cuore in borsetta

Che siano enormi shopper ultra-fashion o minuscole pochette dall'aria bon ton, le borsette di un gran numero di signore e signorine riflettono, oltre che il desiderio di una praticità utile ed essenziale, a volte ineliminabile, del portare con sè il necessario, l'ovvio ed il superfluo (stile lumachina con casetta al seguito) anche una non tanto recondita parte della propria anima, della vita, dei desideri.
La mia nonna diceva sempre che un fazzoletto in borsetta non doveva mai mancare. Oggi come ieri una vera signora avrà dunque salviette d'ogni genere ella desideri, per farne l'uso che crederà (un uso che temo a volte potrebbe far inorridire la mia amata canuta antenata!).
La modernità ci porta poi a non dimenticare gli oggetti di uso più comune: 
Il telefono, gestito possibilmente con una suoneria melodiosa evitando il gracchiare di rane nello stagno o le urla belluine di bambini festanti registrati all'ultima festa di scuola. Ricordate che il telefono andrebbe inserito in un'apposito vano proprio per potervi accedere in breve tempo senza che la borsa continui a vibrare per ore come posseduta da un poltergeist.
Le chiavi. Introvabili, inafferrabili, eternamente vaganti in quell'oceano incontrollato che spesso le sportine si rivelano essere. Suggerisco quindi di dotarle di un elegante moschettone metallico e di agganciarle internamente al un anello o ad un'asola interna alla borsa. Nel rincasare solinghe, anche tardi, non faremo fatica a recuperarle in breve tempo.
Il portafogli. Sempre ricolmo di ogni genere di foglietto, scontrino, ricevuta, disegno di infante e quant'altro possa esservi velocemente stipato e lasciato a macerare financo a divenire fossile nel corso dei mesi... Qualcuno una volta mi suggerì di dividere i documenti dal denaro, così che se mi avessero sottratto il portafogli non avrei dovuto rifare da capo i documenti. Mi fu gabbata l'intera borsetta ahimè...
Piccola trousse. L'indispensabile ci vuole: spazzolina per il capello arruffato da corsa in ufficio, burro cacao emoliente, dentifricio e spazzolino per l'igiene quotidiana, un piccolo set matita-cipria-fard per rinfrescare il trucco mattutino.
Essendo la borsetta una certa qual estensione di me personalmente le preferisco non troppo grandi, anche se capienti, da portare al polso e tendo ad abbellirle con uno dei tanti foulard della mia collezione.

La mia nonna (sempre la stessa non ve ne sono altre!) oltre a ricordarmi che la borsa andrebbe abbinata alle scarpe,  portava con sè un piccolo cuscinetto di stoffa, minuscolo a dire il vero, riempito di ovatta che ogni tanto profumava con la sua essenza preferita. Bastava una passata sul collo da cigno e un effluvio inebriante la avvolgeva come per magia. Lo faccio ancora oggi ed utilizzo un profumo che mi somiglia: una fragranza di biscottino appena sfornato che mette tanta allegria a chi mi sta intorno e che mi ricorda di portare sempre in borsetta un pezzettino del mio cuore e dei miei sogni di bambina.